à propos de I figli dei sopravvissuti de Nathalie ZAJDE



 
une recension en italien

Friday, February 22, 2002

L’AVVIO

Cominciamo con una trasgressione: inaugurare un sito con una recensione.

Non partiamo da un discorso ufficiale, da una presentazione di chi siamo (per questo ci sarà tempo), ma parliamo di un libro che oltre tutto non è farina del nostro “sacco”, né di un socio dell'Associazione.

Inoltre, non pensiamo né speriamo che il Sito diventi una vetrina per l’esibizione di libri.
Il motivo è semplice: ne vale la pena.
Il libro appena tradotto in italiano è di:
Nathalie Zajde, I figli dei sopravvissuti, Moretti e Vitali (18 €)

Extra-ordinario, un testo bellissimo e drammatico, delicato e stravolgente, preciso ed articolato, che per mille e una ragione vale, secondo noi, la pena di studiare attentamente.
Non vi preoccupate, faremo cenno solo ad alcune (delle mille e una ragione) in modo sintetico ed a-sistematico.
I figli dei sopravvissuti sono gli oggetti-soggetti della ricerca; il tema: il passaggio del trauma tra le generazioni.
Eccoci di colpo nel transpersonale, nel transgenerazionale, nei gruppi sociali e famigliari “interni ed esterni” (e qui il Laboratorio di Gruppo Analisi c’entra pienamente); in una storia che ci riguarda come professionisti e forse ancor più, come figli di una seconda o terza generazione che ha guardato ma non ha saputo-potuto vedere (od ascoltare direbbe Bianca Colonna).
Altri libri hanno trattato di ci?, ma qui il metodo, il modo di avvicinare gli interessati, lo sfondo da cui l’autrice si muove (dinamiche storiche e famigliari; la clinica e l’antropologia culturale, ecc) sono esperiti in una connessione tra pratiche e teorie che ne fa un testo “sul cosa, come e perché fare”.
Quasi un “manuale”, attenzione non sulle regole, sulle soluzioni ecc., ma sul come attrezzarsi, predisporsi, aprire le nostre menti e le nostre “trippe” (od interiora se vi piace di più) per avvicinare ed avvicinarsi ai nostri ed altrui traumi …
“E’ per questo che l’approccio del clinico consiste, in questo caso, nell’aggiornare le interpretazioni del soggetto, non nell’interpretare il loro discorso”. Od ancora rispetto ad uno dei casi presentati “In questa circostanza non posso dire se la distanza che sento in David derivi dai suoi meccanismi di difesa o se invece ne sia io stessa all’origine”.

I registri sono molteplici, s’intersecano pur non confondendosi: il registro clinico, quello del gruppo e della storia ed ancora quello del porsi domande ed interrogativi cioè del ricercare partendo da sé per incontrare l’altro senza doverlo classificare, ridurre o altre operazioni terrificanti che spesso gli psico-qualcosa fanno ai loro pazienti.

“Cinquant’anni più tardi, il vissuto di annientamento psichico resta ancorato dentro di loro in modo estremamente vivo, come memoria traumatica … nonostante siano nati dopo la guerra e non abbiano quindi conosciuto l’orrore del passato, oggi soffrono di angosce che collegano alle angosce dei genitori. Non sanno che cosa li fa soffrire, non essendosi mai confrontati direttamente col trauma della persecuzione. Ci? nonostante, hanno timori e reazioni simili a reali vissuti traumatici. Come si costruiscono tali sofferenze? Perché si trasmettono? Come fare per contenerle?”.
Il resto se vi ha colpito, come speriamo, andate a leggervelo.

La redazione (Ugo Corino, Gabriele Profita; Giuseppe Ruvolo)

posted by Ugo Corino at 12:24 AM
 

Moretti e Vitali